Le basi scientifiche dell’esistenza di Nibiru

Abbiamo già parlato tante volte di Nibiru e siamo costretti a farlo ancora una volta per via di nuove evidenze scientifiche riguardo alle origini del misterioso pianeta. Malgrado Nibiru sia considerato dalla maggioranza delle persone una pura invenzione, continuano ad emergere indicazioni e prove che dimostrano la sua esistenza e la sua orbita molto particolare.

Si parla tanto di Nibiru e lo abbiamo fatto più volte anche qui su Secretus. Il misterioso Pianeta X è in molte leggende del passato del presente e diverse profezie lo vedono prima o poi tornare con effetti nefasti. Per chi volesse approfondire suggerisco ad esempio il sito a cura dell’associazione Alcione dedicato a V.M. Rabolù e il suo illuminante Hercolubus o Pianeta Rosso.

Ma non vogliamo parlare di leggende o di racconti, in questo articolo dobbiamo affrontare le evidenze scientifiche che dimostrano che Nibiru esiste ed è una realtà con cui occorre confrontarsi. A questo scopo serve una piccola introduzione all’argomento.

Pianeti al confine del sistema solare

Le conoscenze di noi umani riguardo al nostro sistema solare continuano ad aumentare con il passare del tempo man mano che gli strumenti migliorano ed aumenta il tempo passato in osservazioni. In questo modo la ricerca e la scoperta di oggetti orbitanti attorno al nostro Sole ha fatto passi da gigante individuando oggetti che precedentemente erano invisibili e di cui non si sospettava neanche l’esistenza.

Nell’antichità erano noti solo sei pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno. Questi sono i pianeti osservabili senza troppa fatica a occhio nudo e fanno parte da sempre dell’eredità culturale umana ispirando la religiosità degli uomini che gli associavano alle divinità. Grazie all’invenzione del cannocchiale, nel ‘600, si sono potuti osservare alcuni dettagli di questi pianeti scoprendo gli anelli di Saturno, la grande macchia rossa di Giove e le lune più importanti di entrambi questi pianeti trasformando i pianeti dall’essere delle luci nel cielo a sfere con una propria dimensione e che seguivano le leggi cosmiche poi descritte dalla scienza. Ancora qualche secolo e alla fine dell’ottocento si è andati oltre scoprendo Urano, Nettuno e Plutone grazie al fatto che la legge di gravità semplicemente li prevedeva, lì dove prima di allora neanche si pensava che ci potesse essere qualcosa.

Nell’era contemporanea, grazie a strumenti di osservazione sempre più potenti e precisi, come l’osservatorio spaziale Hubble, si è arrivati ad individuare tutta una popolazione di pianeti transnettuniani, ovvero al di là di Nettuno, di cui Plutone è solo quello meno lontano. Si sono scoperti oggetti di una certa importanza come HaumeaMakemake, esterni all’orbita di Plutone e di dimensione comparabile a quello che una volta era considerato il nono pianeta. Ma poi si è potuti andare oltre scoprendo Eris che è poco più grande di Plutone e che orbita ad una distanza doppia dal Sole con un tempo di rivoluzione di ben 500 anni!

Ma non basta. All’estrema periferia del sistema solare si è scoperto Sedna, un corpo celeste di mille chilometri di diametro che si trova ad una distanza dal Sole variabile, nel corso della sua rivoluzione attorno alla nostra stella, tra le 76 e 975 Unità Astronomiche (UA), ovvero tra 76 e 975 volte la distanza Terra-Sole. Su quest’orbita così ellittica, e così distante, l’isolato pianeta impiega la bellezza di 12.000 anni per completare un’orbita portandosi, nel punto più distante, ad una distanza che la stessa luce impiega quasi una settimana a percorrere.

La scoperta di questi pianeti non è certo cosa agevole dato che questi corpi celesti sono piccoli e distanti, per cui riflettono una quantità infinitesima di luce. Ma la cosa importante è il fatto che non esistono otto o nove pianeti, ma molti di più, indice del fatto che il sistema solare ha una storia molto più complessa di quella che pensiamo.

Perché manca all’appello un pianeta?

Lo studio del sistema solare non si limita alla sola osservazione. Gli scienziati sono al lavoro da anni per creare un modello matematico che spieghi come mai il sistema solare è così come lo vediamo oggi. Quali erano le condizioni iniziali? Quali fenomeni hanno determinato la creazione dei pianeti? Perché i pianeti sono gli otto che conosciamo? Perché la loro composizione chimica è quella che vediamo? Perché si trovano in quella determinata orbita? Sono queste e molte altre le domande che i ricercatori si pongono e a cui tentano di trovare una risposta avvallata da modelli matematici con cui replicare l’evoluzione del nostro sistema solare.

Gli studiosi impostano quindi delle condizioni iniziali e simulano l’evoluzione del nostro sistema solare nel corso dei suoi poco più di 5 miliardi di anni. È un lavoro complesso in cui ci sono pochi elementi sicuri, ovvero il risultato finale (il nostro presente quindi) e la composizione chimica complessiva del sistema e la sua energia.

La cosa sorprendente è il risultato degli studi più recenti. Gli scienziati al lavoro hanno stabilito che la posizione attuale dei pianeti, in particolare la distanza dei pianeti gioviani (quelli esterni alla fascia di asteroidi, cioè oltre l’orbita di Marte) è spiegabile solo introducendo un nono pianeta tra Marte e Giove. Giove è attualmente troppo vicino al Sole, mentre Urano e Nettuno sono in una posizione in cui non avrebbero potuto aggregarsi.

Si suppone quindi che attorno ai 4,5 miliardi di anni, quando il sistema solare era ancora in uno stato primitivo, un grande pianeta gassoso sia stato espulso dalla sua orbita dall’interferenza gravitazionale di Giove che quindi si è avvicinato al Sole. Il nono pianeta ha quindi influenzato anche Urano e Nettuno portandoli su un’orbita più esterna.

Dato che ci siamo possiamo anche chiamare questo nono pianeta con il suo nome: Nibiru.

Come tutti i pianeti Niburu orbitava sul piano dell’eclittica, che per il piano di riferimento del sistema solare, ed è molto probabile che sia rimasto a questo livello. Allo stesso tempo è molto improbabile che il pianeta sia stato espulso perché l’energia necessaria per questo è troppo alta. L’ipotesi più probabile è quella che si sia posizionato su un’orbita molto ellittica, un po’ come quella, di cui parlavamo prima, di Sedna.

In questo modo Nibiru potrebbe essere un pianeta che periodicamente si avvicina al Sole e poi se ne allontana e potrebbe essere a questo punto realistica la stima di 3.600 anni che si ottiene dall’interpretazione di alcuni testi Sumeri.

Rimane da stabilire quanto Nibiru possa influenzare i pianeti del sistema solare. Sicuramente la sua orbita non dovrebbe poter influenzare più di tanto quella degli altri pianeti, perché vorrebbe dire che il nostro sistema solare non è stabile e in 4,5 miliardi di anni ciò è impensabile.

Questo però non vuol dire che gli effetti mareali di Nibiru non possano avere degli effetti. Una variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre o una rinnovata attività vulcanica sono solo alcune delle possibili conseguenze che possono verificarsi.

Se Nibiru esiste, perché nessuno l’ha ancora visto?

Arriviamo quindi alla domanda che ci porrebbe un qualsiasi scettico: se Nibiru è una realtà, perché non è stato ancora osservato? Perché i ricercatori ci hanno dato le prove dell’esistenza di un oggetto lontanissimo come Sedna e non ci dicono nulla riguardo a Nibiru?

Una delle teorie che circolano è quella che vorrebbe Nibiru nascosto dietro al Sole e pertanto invisibile dalla Terra. Un eclissi che dura da mesi, o forse da anni, che francamente mi sembra molto improbabile e che quindi bollerei come fandonia.

Qualche tempo fa avevamo già riportato la notizia di un misterioso oggetto che si stava muovendo verso la parte interna del sistema solare. Si trattava però di un oggetto troppo piccolo per essere quel gigante gassoso che dovrebbe essere Nibiru.

Molto più interessanti è quell’oggetto comunemente noto come Nemesis (o Ade o Hades) scoperto da Gerry Neugebauer già nel 1983. In molti ipotizzano che si tratti di una stella nana rossa o bruna compagna del Sole visibile solo nell’infrarosso. Però è un oggetto però lontano per essere Nibiru perché si troverebbe a non meno di 50.000 UA.

E Nibiru non è neanche Eris, come qualcuno vorrebbe fare intendere. Nel senso che Eris avrebbe anche le caratteristiche orbitali giuste, ma è solo un pianetoide di un migliaio di chilometri di diametro. Sarebbe abbastanza grande per rimodellare l’intera superficie terrestre se ci scontrassimo con esso, ma se non l’ha fatto fino ad ora è difficile che lo faccia in futuro. Inoltre se anche passasse nel sistema solare interno avrebbe degli effetti veramente minimi sui pianeti. La nostra Luna è solo poco più piccola di Eris e pur essendo astronomicamente parlando appiccicata alla Terra riesce soltanto a indurre le maree dei mari.

Personalmente sono convinto che ci troviamo di fronte ad un’enorme caso di cover-up. Come abbiamo visto nell’articolo l’esistenza di Nibiru è provata dalle simulazioni matematiche degli scienziati, inoltre Nibiru, o pianeti con caratteristiche sovrapponibili anche se con nomi diversi, appartiene al retaggio culturale di molte antiche civiltà, una conoscenza portata evidentemente dalla razza astrale che ci ha contattato nel passato remoto.

Dicevo di una colossale operazione di cover-up atta a nascondere all’opinione pubblica il gravissimo pericolo che corriamo e contro cui non avremmo mezzo di difenderci da soli. Non è possibile deviare un pianeta come Nibiru come potremmo tentare di fare con l’asteroide Apophis. Si sta tentando di minimizzare le informazioni riguardo a questo pianeta e i motivi di tale operazioni sono più che immaginabili.

 

Un commento su “Le basi scientifiche dell’esistenza di Nibiru”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *