Già da qualche anno gli scienziati si interessano da un asteroide chiamato Apophis per via della sua traiettoria che in questi giorni lo porta ad una distanza di appena 14,5 milioni di chilometri, assai poco in scala cosmica, ma abbastanza da non dovercene preoccupare. Se questa roccia di circa 390 metri di diametro dovesse colpire la Terra scatenerebbe una potenza pari a circa 100.000 bombe di Hiroshima ed è previsto che nel 2036 ci passi molto, molto vicino.
Da quando esiste il sistema solare i pianeti sono stati oggetto di costante bombardamento di asteroidi più o meno grandi. Nella fase iniziale di formazione del sistema solare gli impatti sono stati particolarmente violenti. A scontarsi non erano soltanto rocce di dimensioni di centinaia di metri o di qualche chilometro, ma interi planetoidi sono andati a cozzare generando degli eventi di una violenza inimmaginabile. Secondo le teorie più accreditate anche la nostra Luna si sarebbe formata in seguito alla collisione della proto-Terra con un oggetto delle dimensioni di Marte. Col passare del tempo gli oggetti vaganti di dimensioni considerevoli sono progressivamente diminuiti e non c’è più un pericolo per l’integrità del nostro pianeta.
Ciononostante gli asteroidi sono ancora molto pericolosi per la biosfera terrestre e ancora di più per la civiltà umana. 65 milioni di anni fa l’impatto con un asteroide di circa 10 chilometri di diametro ha causato l’estinzione dei dinosauri allora dominanti e ha causato gravi danni a molte specie superiori cambiando completamente la storia della vita sulla Terra. Un impatto molto meno importante potrebbe comunque distruggere la nostra società e rimandare indietro l’evoluzione della cultura umana di diversi millenni.
In questi giorni si sta quindi parlando di 99942 Apophis. L’asteroide, individuato per la prima volta nel 2004, prende il nome dalla divinità serpentiforme egiziana per via della sua presunta natura distruttiva e proprio ora sta passando a circa 36 volte la distanza Terra-Luna. Si tratta di una distanza di totale tranquillità che per questa volta non ha messo in allarme nessuno, ma si tratta dell’occasione migliore per effettuare ulteriori calcoli sull’orbita di questo oggetto celeste perché per un presente tranquillo c’è un futuro inquietante.
Fin dalla sua scoperta si è parlato della possibilità che Apophis potesse collidere con la Terra. La stima iniziale prevedeva una possibilità su 45 di avere uno scontro nel 2029, ma calcoli successivi hanno stabilito che la reale possibilità si avrà solo nel 2036. Il passaggio ravvicinato di questi giorni servirà quindi per migliorare la stima. Uno scontro sarebbe per noi catastrofico, l’energia liberata sarebbe pari a 100.000 bombe atomiche di Hiroshima e pari a 36 volte la Tzar Bomba, la più colossale bomba mai fatta esplodere dall’uomo, capace quindi di distruzione diretta ad ampio raggio e uno sconvolgimento del clima terrestre per molti anni.
La stima attuale non è per nulla ottimistica. L’asteroide potrebbe passare nel 2036 ad una distanza dalla Terra di appena 30.000 chilometri! A quell’altezza sarebbe possibile vedere alcuni satelliti artificiali geostazionari sfracellarsi sulla sua superficie, visto che di norma si trovano a circa 36.000 chilometri di altezza. Con un margine così ridotto ogni modifica della traiettoria potrebbe trasformarsi in un disastro.
Ciò che preoccupa gli scienziati sono il prossimo incontro ravvicinato nel 2029 e le emissioni di gas dell’asteroide. Nel 2029 Apophis passerà abbastanza vicino alla Terra da essere facilmente visibile a occhio nudo. Questo passaggio modificherà la sua orbita in maniera non del tutto prevedibile. Inoltre i suoi periodici avvicinamenti al Sole possono generare piccoli geyser o altre emissioni che possono ulteriormente modificarne il percorso. Queste piccole modifiche possono allontanarlo molto dal nostro pianeta, oppure portarlo dritto da noi!
Per fortuna il tempo a disposizione non manca e per il 2020 la Russia sta addirittura progettando di portare su Apophis una sonda in grado di aiutare il tracciamento dell’orbita e quindi permettere di valutare meglio il rischio e le eventuali contromisure a protezione della nostra specie. 46 milioni di tonnellate sono una massa su cui ragionevolmente intervenire per deviarle verso una regione dello spazio dove non può fare danni ad esservi viventi, ma non sarà certo una passeggiata.